Fare una ricerca sul mare, e in particolare sulla sensazione del mare, può avere i suoi vicoli ciechi.
Infatti, perdersi o lasciarsi tentare da una sua rappresentazione, è cosa piuttosto facile, soprattutto se si vive in un’isola a contatto con turisti, che vorrebbero in qualche modo portarsi via un souvenir dell’esperienza di vacanza.
Ho la fortuna di incontrare e contornarmi di persone dall’alto senso critico ed estetico, che mi ricordano di essere un’artista contemporanea e della conseguente responsabilità, nonché piacere, di una ricerca artistica.
In ogni ricerca, ci sono partenze, arresti, false partenze e ripartenze. Così, un po’ come nella vita, l’importante è continuare a cercare, a immaginare ad occhi aperti, seguendo un filo rosso che a volte magicamente porta lontano.
E’ stato così per il trittico che poi ho intitolato “Trasparenze”.
Ero arrivata ad un punto fermo della mia pittura, non più soddisfatta dei miei olii e tecniche miste, perché mi sembravano troppo materiali, rispetto alla sottigliezza della sensazione che il mare mi restituisce ogni volta.
E non bastava più alcun colore, seppur delicato, che potesse essere l’equivalente di quel sentire complesso, multidimensionale.
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E così mi sono fermata. Come un mare immobile, ma dentro in burrasca. Non ho dipinto per un po’ di tempo, non con le mani almeno….solo con la testa. E occhi e cuore.
Quando mi capitano questi periodi di vuoto, cammino…spesso a bordo spiaggia.
Mi immergo nella visione di questa infinita massa d’acqua e ogni volta torno che sono diversa. Il mare interiore…
Ma niente accadeva stavolta. Nessuna idea geniale, nessuno stratagemma o soluzione.
Poi una mattina, ancora in dormiveglia, ho visualizzato un mare, ma era strano: era tridimensionale e fluttuava in alto. Era un mare, questo è sicuro, perché ne riconoscevo la trama che impongo ai mei lavori, ma era etereo, non più fatto d’acqua. In effetti molto simile come immagine alla sensazione interna che ho del mare.
Aprire gli occhi, svegliarsi e iniziare il flusso della vita quotidiana avrebbe significato probabilmente far svanire quell’immagine tanto strana quanto surreale, ma come puoi immaginare, dovevo correre il rischio e tornare in superficie!
Mi scrissi subito la descrizione di quella strana visione e mi lanciai alla ricerca di un materiale che potesse essermi utile a creare il mare che avevo visto.
Fu lui che arrivò da me, come spesso mi capita quando sono in modalità di ricezione: era il vetro.
E’ un materiale che fino ad allora non avevo mai considerato, eppure mi permetteva di sovrapporre più strati e far fluttuare l’immagine, come volevo.
Iniziai così a ricercare e sperimentare la pittura su vetro, che scoprii essere complementare della pittura della luce, capace di iniziare una danza con il colore, i riflessi e le ombre riportate.
Davanti alla luce, i miei esperimenti di colore si moltiplicavano e si aprivano a giochi imprevisti di colore. Fu un’apparizione per me. Mi sentivo come se iniziassi un’opera, ma questa poi prendeva una direzione tutta sua e una multidimensionalità creata dal colore.
Iniziai così a dipingere trame di mare, per poi sovrapporle ad altre di altri colori. Alla fine è quello che ho sempre fatto con l’acquerello, la china, l’olio, i collages…sovrapporre trame. Questa volta però il vetro me ne restituiva altre, in un gioco di rimandi di luce e sensazione.
L’opera che ne risultò è: “Trasparenze”, un trittico. La scelta del trittico vuole portare una variazione sottile di trame, che rappresenta nella ripetizione un’affermazione di scelta visiva.
Quest’opera è stata esposta nella mostra di Dimensione Isola, il progetto a quattro mani con il fotografo Roberto Ridi e di cui ho parlato qui
I colori che ho scelto sono il verde, il blu viola ed il giallo. E’ stata una scelta ponderata, sulla base della luce che mischia i colori e li rende così ancora diversi da come appaiono quando si dipinge.
Inutile dire che con questo quadro è iniziata una nuova avventura di cui non saprei ancora dire né i confini, né la destinazione, ciò che è sicuro è che la pittura su trasparenze mi restituisce un’immagine e una sensazione che sento essere contemporanea più che mai.
Un artista che mi è sempre stato di riferimento e che ho tenuto presente in questa sperimentazione con il vetro è Gerhard Richter. Più che per la tecnica in sé, Richter è un esempio di artista sperimentale che ha portato avanti una ricerca sulle potenzialità della pittura, variando enormemente i suoi stili allo scopo di indagarne gli estremi e le potenzialità della pittura.
Ricordo una mostra a Londra, alla Tate, in cui vidi per la prima volta la serie : Strip
L’effetto era di entrare in una dimensione che non era solo spaziale, ma sensoriale.
Sembrava davvero di immergersi nel dipinto, di rimanere sospesi tra uno strato e l’altro di pittura.
Quello che il mio lavoro sulle trasparenze vuole portare assomiglia un po’ a quella sensazione provata anni prima a Londra: dare una dimensione “altra”, che abbia più a che fare con la sensazione, che con lo spazio e il tempo.
La strada è ancora lunga, ma questo trittico in qualche modo ne segna un punto di partenza…
Ho provato a raccontarti a voce questa storia, portandoti all’isola d’Elba, a bordo mare…se vuoi ascoltarla puoi farlo qui: